Il primo assioma della comunicazione, la regola più semplice, la più scontata dice che è impossibile non comunicare. Questo assioma vale anche per la comunicazione genitori/figli.
Ogni relazione ha in sé aspetti comunicativi, anche se non vi è una specifica intenzione in tal senso, o, addirittura, se si decide volontariamente di non voler comunicare nulla. Anche con il silenzio si può interagire con un'altra persona ed essere portatori di contenuti significativi, esprimere “un qualcosa”. È sufficiente che sussista un’interazione, di qualunque tipo, tra due persone, per poter parlare di comunicazione. Non è necessario che essa sia verbale, e nemmeno che sia volontaria o consapevole: qualunque comportamento veicola un messaggio, ed è quindi comunicativo (non è possibile stabilire una non-comunicazione).
Ad esempio, episodi della vita di tutti i giorni, come un incontro casuale in ascensore, o l’attesa ad una fila in banca, possono raccontare qualcosa, sia a chi vede dall’esterno, che a chi si trova “nella” situazione. Quindi anche i silenzi, l’indifferenza, la passività e l’inattività sono forme di comunicazione al pari delle altre, dato che veicolano significati e messaggi dai quali non è possibile prescindere.
Per questo, ogni genitore dovrebbe ricordarsi che il proprio comportamento, qualunque esso sia, esprimerà sempre qualcosa nei confronti del figlio, anche fosse l’indifferenza più assoluta.
I bambini: maestri nella comunicazione non verbale
Inoltre, i bambini sono maestri nella comunicazione non verbale, e, soprattutto se non ancora in età da parola, carpiscono e assorbono i sentimenti che sentono aleggiare nel contesto intorno a loro, li fanno propri, e poi reagiscono di conseguenza.
Perciò se il vostro bambino piange o si agita, senza motivo apparente, può essere che abbia percepito del nervosismo in alcuni vostri atteggiamenti.
Comunicate il vostro malessere ai figli senza allarmarli
Cercate, per quanto è possibile, di non far pesare sui bambini situazioni delle quali non hanno colpa né conoscenza, e, quando è inevitabile, spiegate loro quali sono i motivi del vostro malessere, senza allarmarli troppo, ma facendo loro comprendere che non ne sono la causa diretta. Così impareranno a loro volta a dare un nome all’emozione e ad esprimerla con tranquillità, senza tenersi tutto dentro (cosa che, da genitori, vivrete con gioia nel periodo adolescenziale).
Osservate gli atteggiamenti non verbali dei vostri figli
Allo stesso modo potete sfruttare la consapevolezza dell’“impossibilità di non comunicare” anche al contrario, cercando di osservare gli atteggiamenti non verbali dei vostri figli, e capire se va tutto bene o se c’è qualcosa che li turba o li disturba.
Se ci sono disagi rivolgetevi a degli esperti
Non sempre sarete in grado di farlo da soli: nel caso vi accorgiate che il disagio manifestato è profondo e non siete in grado di comprenderne le motivazioni, potete rivolgervi a numerosi esperti, tra cui pedagogisti e psicologi infantili, ad esempio, che possono aiutarvi e sostenervi in questi delicati processi.
Avventuriamoci adesso nel secondo assioma della comunicazione tra genitori e figli.